Abbiamo adottato una bambina di quattro anni: dopo un mese mi ha detto “Mamma, non fidarti di papà”.
Adottare una bambina era il sogno che io e mio marito Giulio coltivavamo da tempo. Quando finalmente la piccola Elisa entrò a far parte della nostra vita, avevamo l’impressione che ogni sacrificio, ogni attesa, ogni speranza avesse finalmente avuto senso. Aveva quattro anni, un viso dolce e due occhi profondi che sembravano osservare tutto con estrema attenzione. Ma dopo solo un mese, quella bambina tanto silenziosa e dolce pronunciò parole che mi lasciarono senza fiato: «Mamma, non fidarti di papà».
Quella frase, sussurrata nella penombra della sua cameretta, mi trafisse. Non riuscivo a capire da dove venisse. Giulio era sempre stato un uomo premuroso, affettuoso e attento. Lo avevo visto impegnarsi fin da subito per conquistare la fiducia della piccola, cercando in ogni modo di farla sentire al sicuro. Ma le parole di Elisa continuarono a risuonarmi in testa. Cosa voleva dire davvero?
L’inizio di una nuova vita insieme
Dopo lunghi anni di visite, colloqui e pratiche, l’adozione di Elisa fu finalmente approvata. Il giorno in cui la accogliemmo in casa nostra fu uno dei più emozionanti della mia vita. Giulio era visibilmente emozionato, e non smetteva di osservare la bambina con uno sguardo pieno di tenerezza.
«Guarda com’è bella, Anna,» mi disse stringendomi la mano. «È perfetta.»
«Lo so,» risposi con un sorriso, accarezzando i capelli di Elisa.
Nei primi giorni, tutto sembrava andare nel verso giusto. La bambina era timida ma curiosa. Si avvicinava a me con fiducia e sembrava apprezzare le piccole attenzioni quotidiane: un disegno fatto insieme, una storia letta prima di dormire. Con Giulio, però, il legame sembrava più difficile da costruire. Lei era gentile, ma distaccata.
Abbiamo adottato una bambina: La prima uscita e le prime perplessità
Dopo alcune settimane, decidemmo di fare una piccola gita in famiglia per festeggiare il nostro primo mese insieme. Giulio propose di andare a prendere un gelato, e con entusiasmo cercò di coinvolgere Elisa.
«Che ne dici di un bel gelato alla fragola o al cioccolato?» le chiese chinandosi al suo livello.
Lei lo guardò in silenzio, poi volse lo sguardo verso di me, quasi cercando una conferma. Infine, sussurrò con voce flebile: «Vaniglia, per favore.»
Giulio sorrise, leggermente sorpreso dalla scelta. «Vaniglia sia.»
Durante l’uscita, notai che Elisa restava sempre molto vicina a me, evitando il contatto visivo con Giulio. Anche mentre mangiava il suo gelato, non lo guardava quasi mai. Sembrava tranquilla, ma con una certa diffidenza. Forse era solo il tempo che le serviva per adattarsi? O c’era dell’altro?
Quelle parole che cambiarono tutto
Quella sera, mentre la coprivo con la sua copertina preferita, Elisa mi afferrò il braccio con dolcezza ma decisione. Il suo sguardo era serio, e la sua voce un sussurro.
«Mamma?» disse.
«Sì, amore mio?»
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