Le misteriose macchie rosse sulla schiena di mio marito.
Non dimenticherò mai quel momento. Una mattina come tante, trovai sulla schiena di mio marito trenta piccole macchie rosse, disposte in modo inquietante, quasi come uova di insetti. Il cuore mi balzò in gola. Presa dal panico, lo caricai in macchina e lo portai di corsa al pronto soccorso.
Quando il medico vide la sua schiena, impallidì. Poi pronunciò una frase che mi fece gelare il sangue:
«Chiami subito la polizia.»
Io e Luca eravamo sposati da otto anni. Non avevamo molto, ma la nostra casetta alla periferia di Bologna era sempre piena di calore, risate e semplicità. Lui era un uomo tranquillo, di poche parole, sempre gentile. Tornava dal lavoro, abbracciava nostra figlia Giulia, mi baciava sulla fronte e non si lamentava mai.
Ma da qualche settimana notavo che qualcosa non andava. Si grattava spesso la schiena, si lamentava di un prurito fastidioso e le sue magliette cominciavano ad avere piccoli segni di sangue. Pensai a un’allergia o a punture di zanzara. Non potevo immaginare che dietro quelle macchie ci fosse qualcosa di molto più grave.
Quando la paura entra dalla porta di casa
Una mattina, mentre Luca dormiva, sollevai la sua maglietta per mettergli una pomata. Mi bloccai.
Sulla sua schiena c’erano decine di piccoli rigonfiamenti rossi, perfettamente allineati, come se qualcuno li avesse disposti con cura. Alcuni sembravano quasi bolle sotto pelle, altri avevano la forma di minuscole uova. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena.
«Luca, svegliati! Dobbiamo andare all’ospedale subito!» gridai con la voce rotta.
Lui, ancora mezzo addormentato, cercò di rassicurarmi: «Amore, calmati. È solo uno sfogo. Passerà.»
Ma non potevo credergli. Quelle macchie erano troppo strane.
Un’ora dopo eravamo al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Bologna. Il medico di turno sollevò la maglietta di mio marito, osservò per un istante e sbiancò. Poi guardò l’infermiera e disse con voce ferma:
«Chiama la polizia. Subito.»
Mi pietrificai. «La polizia? Perché? Cosa succede? Che cos’ha mio marito?»
Il dottore non rispose subito. Altri due operatori sanitari entrarono nella stanza, coprirono la schiena di Luca con teli sterili e iniziarono a farmi domande rapide e precise:
— «Ha lavorato recentemente con prodotti chimici?»
— «Che lavoro fa suo marito?»
— «Qualcun altro in famiglia ha sintomi simili?»
Con la voce tremante spiegai che Luca lavorava in edilizia, da poco in un nuovo cantiere nella zona industriale. Era sempre stanco, ma avevamo pensato fosse solo stress.
L’arrivo della polizia e la verità sconvolgente
Dopo pochi minuti arrivarono due agenti. L’atmosfera era surreale: il rumore dei macchinari medici era l’unico suono nella stanza. Io mi sentivo svenire. Perché coinvolgere la polizia?
Quando il medico tornò, parlò con tono serio ma gentile:
«Signora, suo marito non ha un’infezione. Quelle lesioni non sono naturali. Qualcuno gliele ha provocate intenzionalmente.»
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