Mia suocera si è presa il merito della mia torta nuziale: ma non era l’unica bugia in famiglia.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che dietro la facciata perfetta del mio matrimonio si nascondesse un inganno tanto profondo. Mio marito, Enrico, era sempre stato il tipo d’uomo tutto d’un pezzo: lavoratore instancabile, padre presente, mai una lamentela nemmeno nei giorni peggiori. Per questo motivo, quando lo trovai piegato sul tavolo della nostra piccola cucina in un martedì qualunque, con il volto pallido e il respiro corto, capii immediatamente che qualcosa non andava.
Stavo per buttare un toast bruciato nella pattumiera quando mi voltai di scatto.
«Ti senti bene?» chiesi, preoccupata.
«Sto davvero male», rispose tossendo.
Gli porsi del paracetamolo. «Torna a letto, dai. Penserò io ai bambini stamattina.»
Enrico annuì, si alzò a fatica e si trascinò verso la camera. Intanto io mi immersi nel solito turbine mattutino: preparare le merende, cercare di calmare nostra figlia Giorgia che insisteva per adottare un serpente, aiutare nostro figlio Luca con il progetto di scienze e ricordare al più grande, Matteo, che scrivere messaggi a colazione non è un modo accettabile di comunicare con la famiglia.
Ma tutto cambiò in un istante, quando aprii la porta d’ingresso.
Mia suocera si è presa il merito: Una statua inquietante e un passato nascosto
Sul portico, mi aspettava qualcosa di surreale: una statua a grandezza naturale di Enrico, scolpita nei minimi dettagli, dalla cicatrice sul mento alla forma irregolare del naso. Di porcellana bianca, lucida e fredda, sembrava quasi viva. I bambini si fermarono di colpo.
«È… papà?» sussurrò Giorgia.
In quell’istante, il vero Enrico comparve dietro di noi, ancora in accappatoio. Non disse una parola. Il suo viso impallidì completamente, e con uno sguardo perso afferrò la statua sotto le ascelle e la trascinò dentro casa come fosse un corpo privo di vita.
«Che sta succedendo?» gridai, scioccata.
Lui non rispose. Solo un mormorio: «Me ne occupo io. Porta via i bambini, per favore.»
«No, Enrico. Questa volta voglio sapere tutto.»
Ma il suo sguardo era diverso, quasi sconosciuto: colpevole, impaurito, fragile. Annuii, ancora confusa. «Va bene. Ma alla mia domanda, voglio la verità.»
Poco dopo, mentre stavo allacciando le cinture ai bambini in auto, Luca mi porse un biglietto stropicciato.
«Era sotto la statua», disse.
Lo aprii tremando. Ancora prima di leggerlo, lo stomaco si contrasse.
Mia suocera si è presa il merito: Il biglietto della verità e il tradimento
Enrico,
Ti restituisco la statua che ho scolpito credendo nel nostro amore.
Scoprire che sei sposato da dieci anni mi ha distrutta.
Mi devi 10.000 euro… o tua moglie leggerà ogni messaggio.
Questa è la tua unica possibilità.
— Silvia
Piegai il foglietto con cura e lo infilai nella tasca del cappotto.
«Hai letto?» chiese Luca.
Continua nella pagina successiva. Clicca QUI o qui sotto