La pensione: il punto di svolta inatteso

La pensione
Storie di vita

La pensione: il punto di svolta inatteso.

Quando è arrivato il giorno della pensione, pensavo che finalmente avrei potuto godermi un po’ di pace. Dopo decenni di lavoro e sacrifici, credevo fosse giunto il momento di dedicarmi a me stessa. Ma la realtà si è rivelata molto diversa. Avevo sessant’anni e, per la prima volta, ho avuto la netta sensazione di essere diventata invisibile. Invisibile per i miei figli, per i miei nipoti, per il mio ex marito. E, cosa più dolorosa, per il mondo intero.

Ogni giorno compio le stesse azioni: cammino per strada, faccio la spesa, passo in farmacia, ritiro il pane fresco dal fornaio sotto casa. Ma tutto questo non basta a riempire il vuoto che sento dentro. Ora che non ho più un lavoro a cui correre ogni mattina, mi accorgo che nessuno mi cerca più. Nessuno mi domanda come sto. Nessuno mi include nei suoi progetti.

La pensione: Una solitudine maturata in silenzio

Vivo da sola da molti anni. I miei figli sono cresciuti e hanno costruito le loro famiglie. Mio figlio vive a Torino, mia figlia è andata a vivere a Bologna. Entrambi sono molto impegnati con il lavoro, i figli, la casa. I miei nipoti, invece, li conosco appena. Non li ho mai visti con la cartella in spalla, non ho mai avuto l’occasione di raccontare loro una fiaba della buonanotte o di realizzare una sciarpa con le mie mani per riscaldarli in inverno.

Un giorno ho chiesto a mia figlia, con voce tremante:
— Perché non mi inviti mai a casa tua? Potrei esserti d’aiuto, specialmente con i bambini…
Lei ha risposto pacatamente, ma con un tono distaccato:
— Mamma, lo sai che il mio compagno non ti sopporta. Dici sempre la tua su tutto, e hai dei modi che mettono a disagio.

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Quella risposta mi ha ferito profondamente. Non volevo impormi, desideravo solo essere presente. Ma le sue parole erano chiare: non sono gradita. Né dai miei figli, né dai miei nipoti. È come se fossi stata cancellata.

La pensione: Un’assenza che pesa più della malattia

Anche il mio ex marito, che vive in un comune poco distante, non si fa mai vivo. Al massimo ricevo un messaggio di auguri, freddo e impersonale, ogni Natale. Quando ho lasciato il lavoro, credevo di poter riempire il mio tempo con passioni rimandate: la pittura, il giardinaggio, le passeggiate mattutine. Invece è arrivata l’ansia. E con lei strani sintomi fisici: palpitazioni, vertigini, insonnia.

Dopo numerosi controlli e visite mediche, un dottore mi ha detto:
— Signora, non ha nulla di fisico. È una questione emotiva. Ha bisogno di compagnia, di parlare. È sola.

Quelle parole mi sono crollate addosso come un macigno. Perché non c’è medicina che curi la solitudine. Nessuna terapia può riempire il vuoto dell’anima.

A volte mi reco al supermercato solo per sentire la voce di qualcuno. Altre volte mi siedo su una panchina al parco, con un libro aperto che fingo di leggere, sperando che qualcuno mi rivolga la parola. Ma le persone hanno fretta. Nessuno si ferma. Io ci sono, respiro, ma è come se non contassi più nulla.

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